Sognai di una porta
che aveva accesso a tutto
e sto arrivando attraverso essa,
trascinato continuamente indietro.
Disegnando le tende
finestre nella mia mente,
forse sto solo facendo specchi.
(Gotye, Making Mirros, 2011)
Frammenti di vetro colorati nella mente, nell’immaginario: questo è il punto di partenza per un educatore che si accosta alla materia ludica, mosso dalla consapevolezza che le discipline artistiche abbiano in sé forme di gioco.
La musica ci invita ad essere prima di tutto giocatori; non a caso molte lingue utilizzano lo stesso termine per indicare l’atto del suonare e l’atto del giocare (ingl. to play, ted. spielen, fr. jouer) e non a caso il bambino si accosta alla musica non per conoscerne la forma, l’involucro, bensì per esplorarne il contenuto sensibile, la materia (la tenuta del suono, la sua massa, il suo timbro, la sua “granulosità”, la sua oscillazione), per giocare con essa per il solo fine di giocare. Giocare è per giocare. Così dicendo, tuttavia, non bisogna erroneamente pensare che il gioco sia un momento ri-creativo (come spesso avviene a scuola, dove si gioca solo durante la “ri-creazione”), di puro svago, un momento che occupa una posizione marginale nella vita dei bambini e dei bambini divenuti adulti e, dunque, un’attività leggera, frivola. Il gioco è, invece, un’attività creativa, faticosa e seria, poiché chiede a chi è coinvolto in essa di impegnarsi a stare in equilibrio tra i contrari, i quali, nello spazio ludico – utopico, regno del possibile -, divengono compossibili: realtà e finzione, collaborazione e competizione, regola e libertà. “Giocare è una cosa seria” amava ricordare Bruno Munari.
Questi gli assunti di partenza del nostro team (Associazione Musicale “Andante”) per la progettazione di Noi, il gioco, la musica, evento realizzato – con il patrocinio del Comune di Monza – nell’ottobre del 2018 presso la Sala Maddalena a Monza e rivolto ai bambini dai 4 ai 10 anni di età, che ripartirà con la seconda edizione il 2 marzo 2019.
Quattro pomeriggi in cui entrare in contatto con i giochi che la musica ci propone di sperimentare, se ci rivolgiamo ad essa con uno sguardo infante e non funzionale; quello sguardo che un educatore, se vuole essere un giocatore e se vuole partecipare con passione ai giochi che dispone sul terreno educativo, deve conservare e coltivare.
Volevamo, quindi, dare spazio a quelle peculiari condotte musicali che attraversano coloro che si chinano (si gioca per terra, a contatto con la materia) e giocano con la musica, siano essi adulti o bambini: la condotta esplorativa, quella espressiva e quella organizzativa. Come farle emergere? Attraverso tre esperienze di gioco originarie (gioco senso-motorio, gioco simbolico e gioco di regole), che si fanno testimoni di una spiccata corrispondenza tra le fasi di evoluzione dell’esperienza musicale e le fasi di sviluppo delle forme del gioco infantile.
Ecco che per i bambini abbiamo creato lo spazio per esplorare gli strumenti a percussione non intonata (di quali materiali sono fatti? sono caldi o freddi, leggeri o pesanti? posso tenerli con un dito? quali sono le loro forme?), sperimentando sonorità diverse, punti diversi in cui percuoterli e parti del corpo diverse per farlo (gioco senso-motorio e condotta esplorativa); lo spazio per aderire al ritmo e per rappresentarlo sulla “scena”, interpretando loro stessi i valori ritmici e agendo in prima persona gli elementi del fraseggio musicale (gioco simbolico e condotta espressiva); lo spazio per misurarsi con l’altro come compagno di squadra o come avversario di gioco, sfidando continuamente i propri limiti e immaginando nuove possibilità espressive all’interno del gruppo (gioco di regole e condotta organizzativa), perché il gioco, come la musica, non è mai un’azione solitaria, bensì una rappresentazione di fronte ad altri, siano essi altro-da-sé o una parte di se stessi.
Perché è così importante che l’educazione musicale prima di educare si preoccupi di lasciare uno spazio interstiziale per giocare, si preoccupi di tracciare un cerchio magico in cui possano avvenire eventi extra-ordinari e in cui l’esperienza si condensi e si faccia viva e vitale?
Perché il gioco è un “fenomeno fondamentale dell’esistenza”, che sta “di fronte” agli altri fenomeni della vita, così da “accoglierli in sé rappresentandoli” (E. Fink, Oasi del gioco). Il gioco e, di conseguenza, la musica, che, in quanto arte performativa, condivide con esso la medesima origine – il rito -, sono rappresentazioni simboliche del mondo, sono simboli del mondo e, come tali, tengono insieme ogni parte di noi e di ciò che ci circonda, riflettendo quello che ci scorre accanto e attraverso non in modo mimetico, ma in modo simbolico, in modo creativo, in modo ludico… come frammenti di vetro di diversi colori.
Testo di Elena Mauri, educatrice e presidente di Associazione Musicale “Andante”.