Rimango sempre affascinato dalla scioltezza con la quale i musicisti esperti si muovono nella conoscenza e nell’utilizzo dei più disparati strumenti musicali. La specializzazione non impedisce a queste figure di rapportarsi a ciascuno strumento con approccio disinvolto. In fondo, al di là di una precisa padronanza tecnica, questi ultimi sono strutturati per suonare, per riecheggiare e per trasformare in pratica la medesima teoria musicale, a partire da strutture organizzative differenti. Perciò una volta compresi i fondamenti musicali, le scale, i rapporti tra le note, gli accordi, ci si muove in un percorso di legami evidenti, sensibili, sonori. Già, ma dopo aver memorizzato facilmente la sequenza Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, andando avanti nello studio, si può avvertire un senso di smarrimento, come se ci si avvicinasse a una situazione ingarbugliata, alla complessità di un linguaggio matematico, che, se non suonato, può apparire come un insieme di segni e simboli da decifrare, precisi ed esigenti. Come è possibile perciò conoscere più semplicemente la teoria musicale con la speranza di passare piacevolmente all’uso dello strumento?
L’immagine visiva può restituire immediatezza all’enigmaticità di un codice artificiale, come la scrittura o come la musica, semplificando e suscitando piacere e autostima nel riscoprirsi in grado di comprendere gli equilibri di questi universi. Musica e arte vanno a braccetto.
La rappresentazione è stata centrale nell’evoluzione e nella diffusione del sapere, dall’inizio dei tempi fino alla cosiddetta società dell’immagine del nostro tempo. Allora perché non farne buon uso anche nello studio della musica?
Chiaro, l’applicazione e l’impegno sono inevitabili: la dedizione e la fatica sono elementi imprescindibili di ogni tipo di pratica tecnica, che non possono essere sostituite, tuttavia qualche soluzione può essere…delineata.
Del codice nota-colore abbiamo già parlato anche grazie a Note di un DSA II: leggere. Ora si tratta di proseguire nell’articolazione di questo tipo di impianto di semplificazione codificata. Appoggiandomi ai mezzi che più sento affini, il disegno e la chitarra, nasce quella che definirei proiezione musicale, una sorta di proiezione ortogonale, di studio di disegno tecnico che, attraverso un percorso di linee rigorose, lega la tastiera del pianoforte a quella della chitarra, in una comparazione evidente di rapporti e di corrispondenze. Dalla visione dall’alto, in “pianta”, del manico della chitarra e della tastiera del pianoforte (e cioè dal punto di osservazione che offre la visuale ottimale dell’organizzazione di semitoni sullo strumento) le linee guida traspongono il susseguirsi di note in una visione frontale, verticale, dei pioli della scala musicale. Così facendo, la lettura da sinistra a destra del foglio consente di ripercorrere, sempre uguale, la scala musicale, dai gradini della struttura teorica fino al percorso di semitoni secondo il quale si dispongono le note sulle tastiere dei due strumenti selezionati, spostandosi gradualmente verso la parte bassa della pagina di studi in proiezione. Tuttavia la ripetizione su più linee della medesima scala musicale (traslata a seconda della nota di partenza della corda a vuoto) lungo il manico della chitarra, impone anche l’utilizzo dell’asse verticale per l’orientamento suono grave-suono acuto, utilizzato invece principalmente per la distinzione dei vari strumenti.
A seguito di questo lungo fiume di parole, articolate e ingarbugliate quanto la teoria che cercano di semplificare, può sembrare piuttosto inutile un tale supporto poiché, in seguito alla sola lettura, parrebbe ben lontano dal proprio intento semplificativo. Tuttavia, come avviene per ogni mappa e studio di disegno tecnico, anche questa spiegazione risulta evidentemente chiara quando le parole incontrano l’immagine descritta e presentata secondo un’organizzazione ordinata. Il tentativo di concentrare e rapportare visivamente chitarra, pianoforte e scala musicale si pone proprio l’obiettivo di spiegare mostrando, comparando, osservando concretamente i punti fermi che permangono nelle differenti forme di espressione musicale. A completare il tutto, agevolando la lettura e il riconoscimento, vi è l’inserimento del sopracitato codice nota-colore che, attribuendo a ciascuna nota una differente tinta dell’arcobaleno, agevola la discriminazione delle stesse e la rispettiva memorizzazione.
Chiaramente, la scelta degli strumenti analizzati parte dallo studio di un livello musicale di base e si può pensare invece di studiare un’analoga soluzione comparando piuttosto altre tipologie e modelli di mezzi musicali. Partendo dall’esperienza di Croma, in ambito terapeutico e riabilitativo quanto in ambito didattico, quello che mi preme (e ci preme) affermare è che si possono proporre disparate soluzioni per rendere l’apprendimento musicale o generale più semplice ed entusiasmante. Rendere piacevole un’esperienza vuol dire rendere significativo il ricordo e la rispettiva conoscenza acquisita, agevolando la crescita tramite la creatività e la fantasia.
Testo di Stefano Sorgente