Federico è un insegnante di musica. Ha studiato chitarra al conservatorio e si è egregiamente diplomato qualche anno fa. Dopo qualche tempo passato in giro per l’Italia a fare concerti e a lavorare come turnista per vari artisti, ha finalmente capito che la sua vera passione è l’insegnamento. Così ha iniziato a seguire giovani allievi nell’apprendimento musicale e della chitarra. È molto bravo nel suo lavoro: oltre ad essere in grado di spiegare anche i concetti musicali più complessi con estrema facilità, è uno di quei maestri che riescono a trasmettere tutta la passione e l’amore per quello che fanno. Un giorno arriva da lui Marco, un bimbo sveglio e anche desideroso di imparare. Dopo poche lezioni, infatti, Federico riesce a vedere in quest’ultimo una passione per la musica sempre più forte. Insegnare a Marco è veramente un piacere: ma, allo stesso tempo, è una grande sfida. Marco è dislessico, e spesso, i metodi tradizionali, così accuratamente studiati e perfezionati nel tempo, non sono assolutamente efficaci con lui. Questo chiede al maestro di reinventarsi costantemente, di trovare strategie nuove e fantasiose per aiutare Marco a leggere la musica, a fare lettura ritmica, a solfeggiare. Federico è comunque molto contento dell’avventura che stanno vivendo insieme.
Eccoci di nuovo in compagnia di Marco. Questa volta lo guardiamo con gli occhi di Federico, il suo insegnante di musica. La lettura musicale: gioia e dolore per qualsiasi allievo. Non si trova musicista o aspirante tale che durante la sua vita accademica non abbia voluto fare a meno di questa pratica che, tuttavia, è estremamente importante ed essenziale per chi suona. Suonare uno strumento senza saper leggere la musica equivale a parlare una lingua, anche in modo perfetto, ma non essere in grado di leggerla o scriverla. La lettura musicale permette non solo di confrontarsi con i brani e gli autori, entrando in possesso di quel patrimonio che i grandi artisti ci hanno lasciato, ma permette anche di comprendere meglio l’essenza dell’armonia o del ritmo. È chiaro che, per un bambino o ragazzo affetto da disturbo dell’apprendimento, il medesimo problema che si pone per la lingua scritta, si pone per le note sul pentagramma.
Una delle difficoltà primarie è attribuire il significato corretto al segno corrispondente. In questo caso esistono due variabili da considerare: il simbolo e la sua posizione nel pentagramma. Nel primo caso, ciò che varia è la durata del suono, quanto cioè una nota è lunga o breve nel tempo (quarto, ottavo, sedicesimo ecc.); nel secondo caso invece l’altezza del suono, quindi, per intenderci, il nome della nota (Do, Re, Mi ecc.). Una serie di informazioni da ricordare e da richiamare mentre si decifra il simbolo sul foglio che, agli occhi di un DSA, si confonde in mezzo agli altri, insieme alle linee del pentagramma. Un’ulteriore difficoltà che tutti possono incontrare, e che sicuramente è più presente in un bambino con difficoltà di apprendimento, è la discrepanza che è presente tra la lettura e l’esecuzione. Pensiamo ad uno spartito sul pianoforte: le note si leggono da sinistra a destra, proprio come le parole. L’altezza delle note però è data dalla loro posizione verticale sul pentagramma. Il pentagramma è infatti composto da cinque righe orizzontali, la nota presente sul primo rigo dal basso, per esempio, è un Mi, la nota sul secondo rigo sempre dal basso è un Sol e così via. Di conseguenza, più la nota è acuta, più si posiziona in alto nel pentagramma. Sul pianoforte, ma anche sul manico della chitarra, più la nota è acuta, più si posiziona a destra. Dunque tra la lettura e l’esecuzione della nota occorre fare un ragionamento che porta il piano verticale della lettura (alto-basso) ad un piano orizzontale quando si suona la nota.
Quali sono pertanto le strategie che un insegnante può adottare per aiutare ad assimilare questa pratica all’apparenza così tanto infelice?
La prima parola d’ordine è pulizia! È necessario avere un foglio il più possibile libero e essenziale davanti agli occhi. Gli spartiti musicali sono spesso vere giungle di segni tra note, righi, segni di dinamica, alterazioni, chiavi e quant’altro. Più segni ci sono sul foglio più sarà complesso per Marco farsi strada tra l’intricata selva grafica del foglio. Pochi segni, chiari e precisi, possono aiutare nella lettura. Pulizia sì, ma non troppa! È utilissimo trovare codici, sottolineature, riparazioni grafiche che possano aiutare il ragazzo con DSA a trovare punti di riferimento cangianti sul foglio. Il primo e più semplice che salta alla mente è sicuramente un codice colore che determini l’altezza delle note (Si veda a tal proposito un approfondimento sui Boomwhackers). Questo modo dà la possibilità di ottenere un foglio in cui le caratteristiche cromatiche sono una discriminante in più che permettono di comprendere l’altezza della nota oppure la sua durata. Attenti a non esagerare! Il rischio è quello di ottenere solo una gran confusione. Un altro suggerimento è la gradualità: procedere passo dopo passo è la chiave per qualsiasi tipo di apprendimento, e nei casi di DSA ancora di più. Esattamente come è stato per la storia del pentagramma, che nasce come un semplice riferimento composto da una linea sola, è possibile iniziare a prendere dimestichezza con i segni musicali sul foglio e con la loro altezza partendo dalla presenza di una linea sola, passando poi a due o a tre, e procedere nella presentazione del pentagramma solo dopo che il passaggio precedente è stato assimilato. Ultimo ingrediente per la ricetta di un apprendimento efficace è la creatività dell’insegnante: un metodo di insegnamento è efficace non in sé e per sé, ma quando chi lo applica è in grado di sostenerlo e di modellarlo in base all’allievo. È l’insegnante che, proprio come Federico, con la sua passione e la sua creatività può inventare e trovare nuove strategie didattiche, che, oltre ad arricchire il suo bagaglio di conoscenze, potrà migliorare la sua efficacia nel trasmettere l’importante pratica della lettura della musica.
Testo di Mattia Tagliani