Il cielo non promette bene, e, si sa, è una consuetudine alla Sagra della Madonna del Pilastrello. Così è difficile persino uscire «a riveder le stelle» dopo l’inferno della pandemia, per citare Dante Alighieri, quest’anno chiamato a rappresentare il tema della festa. Eppure, ancora non sapevamo che, al contrario, nonostante la pioggia, la giornata sarebbe stata un successo.
“Vacci… al Pilastrello!” dicevamo con uno slogan volutamente ambivalente. Da buoni artisti volevamo stimolare la riflessione, richiamando scelte di ambito sanitario che purtroppo ancora oggi dividono la popolazione. Volevamo testare anche il ruolo della cultura e il valore che ad essa attribuiamo. Insomma, potenzialmente stavamo per intraprendere una strada impervia, pronti a restare imprigionati nel limbo dell’indifferenza o addirittura nel nostro inferno personale, spinti dalla “presunzione” di chi assume una posizione netta. Ma era arrivato il momento di sperimentare. È l’eredità che ci lascia questo anno e mezzo di pandemia: molte domande e un bisogno di ricalibrare valori e priorità, di agire mettendo al centro l’essenziale.
Così è nata l’idea di offrire pillole di cultura, di distribuire una dose di arte a chiunque la volesse. Oggigiorno però, si sa, tutto ha un costo. Anche noi abbiamo dato un prezzo al nostro lavoro… ma lo abbiamo stracciato. Costi bassi per un ambito importantissimo ma mai abbastanza valorizzato. D’altronde, chi investe più nella cultura? Nei brainstorming spesso cultura fa rima con bruttura, sa di noioso. E allora noi svendiamo senza svendere, o meglio, mettiamo in offerta la cultura. Ciascuno è libero di spendere quanto vuole, di investire o meno nell’arte. Al lavoro con il nostro team, abbiamo preparato pacchetti, incartati con la stessa cura degli elfi di Babbo Natale quando pensano ai bambini che li riceveranno. I contenuti erano differenti: c’erano semplici gadget, oppure libri, anche noti e che hanno fatto la storia della letteratura; nascosti dalla carta, c’erano lavori artistici, esito delle sperimentazioni degli artisti di Associazione Croma. Insomma, c’era del valore nascosto, offerto a chiunque passasse di là.
Sorprendente la risposta dei passanti: in molti hanno messo mano al portafogli per assicurarsi una dose di arte, per portarsi a casa opere, senza giudicare il libro dalla copertina (celata), scommettendo a occhi chiusi sul valore della cultura e del nostro lavoro. E questo è un bel messaggio di speranza. Ci piace pensare che lo stesso Dante ne sarebbe orgoglioso.
Forse le proposte culturali hanno solo bisogno di cambiare forma e di essere servite in nuove salse, impacchettate e infiocchettate, in maniera smart e social, come abbiamo provato a fare negli anni scorsi, qui sul campo con Piazza Croma, Mondo Croma, Riflessioni Take Away, e online con tutti nostri contenuti digitali, dalla Biblioteca al Cromuseo.
Ad ogni modo, la gente ancora oggi non ha smesso di credere nel valore dell’arte ed è disposta a investire nella cultura. E allora noi continuiamo a percorrere questa strada, «nel mezzo del cammino» di chi vuol raggiungere un maggior numero di persone con la musica e con l’arte, per far scoprire mondi armonici e colorati in grado di dipingere le nostre giornate e di garantire benessere.
Oggi questo nostro viaggio è ripartito ancora una volta da Bresso, da luoghi fisici, ricchi di tradizione. Li abbiamo raggiunti, ci siamo fermati. Li abbiamo segnalati con dei codici Qr, finestre pronte ad aprirsi su brevi pagine di storia reale. Abbiamo ripercorso il tragitto della festa e ne abbiamo seguito le orme per raggiungere luoghi cardine da esplorare, come La Madonna del Pilastrello, l’Iso Rivolta, la Chiesa dei Santi Nazaro e Celso, la Castela, e il Comune di Bresso, dove è stato possibile scoprire persino le origini dello stemma cittadino. Un viaggio nel territorio, che andava da noi ai luoghi della città e dalla città di nuovo a noi… e dopo?
Beh, noi siamo pronti a ripartire. Prossima tappa: ancora (finalmente) Croma nelle scuole. E poi sempre qua, ma un po’ più in là.
Testo di Stefano Sorgente