Vi voglio raccontare una storia che parte da molto lontano: è la storia dell’uomo e del suo rapporto con la musica.
L’uomo ha sempre fatto musica, sin dai tempi più antichi; ne sono la dimostrazione tanti strumenti musicali fabbricati con legno, ossa di animali, pelli. La musica è sempre stata una realtà che univa i popoli e che celebrava la gioia di una festa, il dolore per una scomparsa, la rabbia della guerra. Nel corso dei secoli la sua dimensione ancestrale e più istintiva si è via via complessificata, acquisendo un suo linguaggio, una sua grammatica e una sua didattica. A differenza però dell’arte figurativa e visiva, che era permanente, la musica è sempre stata fugace, impossibile da afferrare e trattenere come l’acqua di un fiume, se non attraverso un ricordo o le pagine di un pentagramma inaccessibile ai più. La rivoluzione arrivò durante il ‘900, quando l’avvicendarsi dei supporti che permettevano la registrazione audio, a partire dai dischi in vinile, per passare alle musicassette e ai Compact Disk, ha permesso anche alla musica di trovare una sua materia, una sua concretezza tangibile. Non solo: la musica su supporto creava una ritualità quasi sacra. Prendere il vinile con delicatezza, fissarlo sul giradischi, spostare piano piano la puntina e schiacciare play, tanto per fare un esempio. Per non parlare del collezionismo consapevole o inconsapevole: tutti noi abbiamo in casa una di quelle torri piene di CD, oppure uno scaffale di una libreria altrettanto stipata, per non parlare degli scatoloni in soffitta pieni di musicassette.
Una materialità che però ultimamente si è persa. Sono nati prima i lettori MP3, che davano la possibilità di stipare quello scaffale della libreria in un “cosino” da 50 grammi e non più grande di un accendino. Ora la nostra libreria non è neanche più nostra, è su qualche isola sperduta di qualche oceano di qualche pianeta, e tutto ciò che dobbiamo fare è cliccare un tasto sul nostro schermo per accedere allo scaffale più grande del mondo.
Eh già, i CD non li guardiamo più neanche di striscio… ma perché poi dovremmo? Poniamo un breve problema di calcolo matematico (breve giuro): Francesco è un grande estimatore di musica e ogni mese compra un CD diverso: assumiamo che un CD costa mediamente 15€; alla fine dell’anno quanto ha speso il nostro Francesco? E quanti minuti di musica ha a disposizione considerando che un CD contiene circa 70 minuti di riproduzione? No no, mettete via le calcolatrici pelandroni, la risposta ve la do io. Il nostro Francesco alla fine dell’anno ha speso 180€ e ha acquistato sostanzialmente 840 minuti, vale a dire 14 ore, di canzoni. Ora arriva la parte più divertente: Francesco ha un cuginetto di 12 anni e l’anno scorso Babbo Natale gli ha portato in regalo un abbonamento a un anno di Spotify. Considerando che un abbonamento a un provider di musica streaming costa mediamente sui 10€ al mese, non serve fare calcoli per capire che Babbo Natale ha speso meno e ora il cugino di Francesco ha accesso non a 14 ore di musica, ma a una libreria pressoché illimitata e in costante espansione. Beh, allora chi è più intelligente? Francesco o Babbo Natale? La risposta è facile: il cugino di Francesco, che non ha tirato fuori un euro.
Scherzi a parte, è chiaro che di conseguenza nasce una domanda: quale stupido comprerebbe dei CD al giorno d’oggi? La risposta però, se avete seguito con attenzione, è piuttosto semplice: quegli stupidi che la musica la vogliono tenere in mano, vogliono “spellicolarla” con la matita, vogliono annusare il profumo dei libretti che la accompagnano e riempirla di ditate. Gli streaming ci hanno inevitabilmente portato via quella cosa che ci contraddistingue come esseri umani, proprio perché siamo umani e non simpatici fantasmini ectoplasmatici: la concretezza, la materia.
Verrebbe da dire è tutto qui: finita la storia, con un pessimo finale oltre tutto. Potrei ora concludere con un bilancio dei pro e contro dello streaming e degli altri modi per ascoltare musica… ma no, non lo farò! Voglio raccontarvi di come la flessibilità delle nuove frontiere di ascolto musicali ci abbia sì rubato una certa concretezza, ma aprendo anche a nuove possibilità… tutto sta alla nostra creatività e fantasia.
A questo punto vi devo raccontare un’altra storia, questa volta personale. Lo scorso Natale ho ricevuto in regalo un barattolo di canzoni. Beh, probabilmente è Babbo Natale che ha sentito tutta la tiritera sulla concretezza ecc. e si è pentito… però devo dire che è stato veramente geniale. Dovete sapere che ogni canzone di Spotify ha un codice a barre che la identifica. Ve ne sono per i singoli brani, per le playlist e per gli album. É sufficiente ricavarlo, molto facilmente, dall’app, dopodiché, si ha disposizione un’immagine che può essere presa, inviata, inquadrata, stampata. Ecco che la canzone in streaming, eterea sequenza di 0 e di 1, diventa qualcosa di molto semplice: un pezzo di carta. Sopra la mia scrivania ho proprio un barattolo pieno di questi foglietti e quando ci infilo dentro la mano la sensazione è veramente speciale: per me è proprio come immaginare di infilare la mano in un barattolo pieno di musica e afferrare tra le mie dita una canzone…e in fondo è proprio quello che accade. Una materia ritrovata quindi, nuova e speciale. In quel barattolo ci sono tante canzoni diverse che racchiudono tanti significati importanti, tante emozioni importanti, tanti messaggi ancora più importanti e tante note se possibile ancora più importanti. Non credo di aver mai posseduto un barattolo che avesse al suo interno un contenuto così importante e prezioso, e allo stesso tempo così semplice.
Allora mi rivolgo ai brontoloni collezionisti dei CD. É vero: la deriva che la musica e l’arte, in generale, stanno prendendo è molto pericolosa. La musica e il materiale visivo (come video e immagini), ormai sono alla portata di un click. Questo ha notevolmente impigrito le nostre anime di fruitori artistici, ci ha tolto rituali e concretezza, ha tolto il valore, persino economico, di un’opera d’arte. Eppure… basta poco per restituirle dignità, concretezza e valore, non solo economico! Dipende, come sempre, solo da noi, e non dal mezzo che utilizziamo. Il mio scaffale di CD rimane lì, impolverato, e non credo che troverò mai il coraggio di buttarne via anche solo uno, perché sotto la polvere c’è il mio primo CD in assoluto, quello che sono andato a comprare dopo scuola con i miei genitori il giorno della sua uscita, quello che mi ha regalato la mia ragazza al primo Natale insieme. Ma grazie al demoniaco Spotify… e a Babbo Natale… sopra la mia scrivania ho un barattolo di canzoni… che suonano veramente! Quanti possono dire la stessa cosa?
Testo di Mattia Tagliani
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