Nello spazio di una mappa: riflessione sul benessere

Spesso le parole possono sorprenderci. Insiemi di suoni che portano con loro un determinato significato che è però modificato dal tempo, come il terreno piega la direzione delle radici o le carezze del vento cambiano l’esposizione delle foglie. Non a caso qui il termine parola si attorciglia al senso dell’albero poiché anch’essa possiede le sue radici e molteplici ramificazioni di senso che variano grazie allo spazio e al tempo. È proprio stata una parola, la parola Mappa, a far esplodere lo stupore durante lo scorso luglio: questo termine si è intrufolato tra le colonne del MUBA, il museo dei bambini di Milano, e si è fatto strada tra il fare dei campus preparati per accogliere i bambini durante la loro strana estate 2020. L’idea di lavorare sulle mappe nasce da una riflessione che è maturata durante il periodo, non troppo lontano, del Lockdown di marzo: quando infatti il museo ha riaperto le porte per i campus estivi, e tutti ci siamo ri-aperti al mondo e in parte riappropriati dei nostri contesti lavorativi e relazionali, è nata l’esigenza di riflettere insieme ai bambini sul tema dello spazio. Perché proprio questo argomento? Perché per molti mesi la dimensione dello spazio è stata la protagonista delle mie (e delle loro) lunghe giornate: come mai prima ho abitato lo spazio della mia piccola casa, dove ho imparato anche ad abitare il mio corpo, ascoltando le sue sensazioni e trovando finalmente tempo e “spazio” per lasciar riposare i pensieri ingarbugliati di una vita che corre sempre troppo velocemente.

Così io e Francesco abbiamo cominciato a pensare a tutte le possibili interpretazioni di questa parola: lo spazio inteso come luogo intimo del corpo, come luogo accogliente della casa, ma anche come luogo pubblico che unisce un’intera comunità e le nostre città; e se è vero che il cielo è un tetto dal quale non usciamo mai, nella mente è rimbalzata l’idea che lo spazio è persino il nostro pianeta e la volta che ci sovrasta. Ed è a questo punto che ci siamo resi conto che tutte le sfaccettature proprie della parola spazio potevano co-abitare nel grande tema delle mappe. Il nostro obiettivo è stato quello di costruire giorno per giorno un percorso e un’esperienza educativa che rispecchiasse gli interessi e le curiosità dei suoi protagonisti: i bambini. Per questo motivo le attività della settimana, come sempre avviene durante i campus Muba, non sono mai state create con severa rigidità o come delle gabbie dalle quali non conviene uscire, bensì sono state dei binari dove sì, la strada da seguire è quella, ma durante il tragitto si possono incontrare numerosi scambi e il conducente del treno può scegliere una direzione piuttosto che un’altra, anche in base al volere dei suoi passeggeri.

Sono nate così 7 diverse mappe: la prima ha voluto indagare l’etimologia di questa interessantissima parola, seguita dalla scoperta che anche le nostre emozioni possono essere rappresentate sotto forma di linee che si intrecciano, si inseguono, si attorcigliano e infine si legano le une alle altre formando, anche su un semplice foglio di carta, una mappa personale e di gruppo. Ci siamo interrogati se anche il nostro corpo possa essere considerato una mappa e un luogo; con l’aiuto della fotografia, il corpo dei bambini è diventato un tutt’uno armonioso con lo spazio che li ospitava: il museo e il giardino della Rotonda della Besana. E per conoscere ancor di più il museo è stato divertente utilizzare anche lo strumento della mappa del Tesoro. Non a caso vengono in mente queste parole: Mi dicono che al mondo ci sono persone non attratte dalle mappe; mi riesce difficile crederlo. (R.L.Stevenson, L’isola del tesoro). A mano a mano che i giorni trascorrevano veloci, lo sguardo e la curiosità dei bambini si elevavano sempre di più: ed è qui che abbiamo re-interpretato un’antica mappa della città di Milano, fino ad osservare che tutte le città del mondo, se viste dall’alto, fanno scoprire paesaggi e disegni inaspettati. Infine, poiché lo sguardo non cessava di andare oltre, abbiamo immaginato e creato delle strade e dei percorsi che corressero anche nel cielo. In questo procedere per mappe abbiamo incontrato anche alcuni vicoli ciechi, nel quale errori di conduzione non sono mancati. Però, grazie a preparazione e professionalità, per il bene dei bambini quei vicoli ciechi sono riusciti ad entrare armoniosamente nella settimana di campus: piccoli errori che si sono fatti preziosi, come le crepe dei vasi giapponesi, riparati appositamente con l’oro per far della cesura una decorazione che porta con sé l’esperienza dello sbaglio: sbaglio come punto di forza e non occasione di imbarazzo.

     

Come su una mappa, dove pian piano si giunge alla meta, anche queste parole messe in fila giungono ad una loro conclusione sperando che il tragitto dalla prima lettera all’ultima porti con sé stimoli e riflessioni. Pensieri che partendo da esperienze specifiche possano trasformarsi in logiche universali e quanto meno attuali. Lo spazio e l’ambiente come nostro compagno di vita, il nostro corpo, superficie dei nostri vissuti: rielaborazioni che inseguono la geografia di un possibile benessere.

   

Testo di Francesca La Terra, laureata in Archeologia ed educatrice presso il MUBAFrancesco Serenthà.

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