Colore e musica sono in grado di suscitare sensazioni analoghe: si può parlare di melodie dalle tinte forti, di campiture dai toni accesi, oppure dissonanti. La capacità di un elemento di produrre percezioni multisensoriali è detta sinestesia e tale esito è stato indagato nel rapporto tra arte e musica da numerosi artisti nel corso dei secoli. Come abbiamo avuto modo di spiegare in precedenza con Il dialogo tra arte e musica, questa comparazione ha radici storiche profonde e trova continuità nel mondo contemporaneo.
Persino l’universo cinematografico intuisce l’enorme potenziale del dialogo tra suono e immagine. La cosiddetta “settima arte”, dopo l’esordio del cinema muto, si evolve proprio nella direzione di un’imprescindibile coesistenza tra video e sonorità, tanto nella sceneggiatura quanto nella colonna sonora. Essa ormai, nei film odierni, è parte integrante, caratterizzante, al punto da suscitare emozione, richiamare dolcemente la memoria e guadagnarsi riconoscimenti durante La Notte degli Oscar. Non si può pensare ai colossal del cinema moderno senza associare a ciascun film il rispettivo “tema” dalle musiche epiche ed evocative. Le melodie dei compositori hanno il compito di ricalcare l’andamento del film, enfatizzando il pathos tramite cambiamenti di intensità o studiando le sonorità più adatte a rappresentare le singole scene. Viene ricercata la concordanza ottimale tra suono e immagine. In qualche modo la musica deve esprimere la stessa energia, lo stesso sentimento, gli stessi contenuti della scena filmica, come se i due elementi fossero facce della stessa medaglia, le quali, solo insieme, donano valore all’opera. Qualcosa di analogo alla correlazione indagata dalla ricerca sinestesica si ripete ogni giorno nei set di tutto il mondo.
Un lavoro quasi unico in questo senso ci viene regalato a metà del secolo scorso. Malgrado inizialmente si riveli un fallimento, nel 1940 esce nelle sale Fantasia, un film d’animazione prodotto da Walt Disney (al quale seguirà Fantasia 2000). Il lavoro di oltre mille operatori, tra artisti e tecnici, genera personaggi e storie che sono in grado di muoversi sulle celebri note dei capolavori di musica sinfonica. Apre Toccata e fuga in Re minore di Bach, dopodiché le immagini danno forma alle danze della Suite dello Schiaccianoci di Čajkovskij, per finire con l’Ave Maria di Schubert, dopo aver fruito delle armonie di celebri autori, tra i quali spiccano Beethoven e Stravinskij. Viene coinvolto Stokowski, l’allora direttore dell’Orchestra di Philadelphia per curare l’esecuzione dei brani, mentre per l’animazione ha inizio un processo meticoloso: i segmenti di pellicola vengono colorati scena per scena così da ottenere un preciso raccordo cromatico tra le immagini precedenti e quelle successive. Uno schema di colore generale viene progettato per rispecchiare l’umore della musica. Infine, il dipartimento dei modelli realizza con l’argilla i personaggi delle sequenze, cosicché i disegnatori possano studiare i soggetti da ogni angolazione. La ricerca è innovativa, come dimostra la commistione tra scelta dei brani, cura delle animazioni e competenze scese in campo.
Il concetto di sinestesia a suo modo è motore e traguardo di questa produzione. Disney infatti, inizialmente coinvolge Fischinger, un artista tedesco autore di film di animazione astratti, abituato perciò a indagare il rapporto ideale tra suono, forma e colore. Il progetto rischia però di risultare troppo concettuale e poco accessibile, e la direzione diventa ufficialmente quella della figurazione. L’immagine in questo senso può confondere, catalizzare l’attenzione sul soggetto, tuttavia l’intento rimane il medesimo. Ne abbiamo dimostrazione nella precisa correlazione tra movimenti e gesti dei soggetti illustrati e l’andamento delle melodie: che si tratti delle saette scagliate da Zeus, dei cataclismi o dei combattimenti tra dinosauri, che si parli della gestualità di Topolino apprendista stregone, delle onde che si innalzano o dei frammenti di legno che si risvegliano, che si considerino le danze di fate, funghi, pesci, fiori, foglie o del ballo degli ippopotami, in ciascuno degli episodi del film, personaggi e vicende prendono vita e agiscono in accordo con le dinamiche del suono, con il clima di fondo, con il variare dell’intensità e degli altri elementi musicali. Viene realizzato un continuo e profondo dialogo armonico tra arte e musica, tra forma, colore e sonorità, dove l’immagine è a servizio della sinfonia e la melodia si fa eco preziosa per la figura. Una portata artistica di grande valore, tanto per la ripresa e la diffusione della musica classica, quanto per la ricerca multisensoriale e per i modelli di ispirazione: l’ultimo episodio attinge alla grandezza dei paesaggi di Hokusai e al Romanticismo di Friedrich; era inoltre previsto che, durante la proiezione nelle sale, la visione venisse accompagnata dalla diffusione del profumo di incenso.
Nasce così un’opera che, nel secondo Dopoguerra, conquisterà il pubblico internazionale, segnando un nuovo capitolo della storia dell’arte e della sinestesia.
Testo di Stefano Sorgente