Una narrazione circolare accoglie tutti: chi è arrivato mesi dopo in un posto sconosciuto e non ne conosce le regole né i confini, chi fa fatica a calibrare l’energia dei propri movimenti, chi ha difficoltà a chiedere aiuto, chi non riesce a modulare le proprie emozioni, chi ha bisogno di un rinforzo visivo per comprendere un messaggio verbale e chi semplicemente chiede un tempo più rallentato e disteso. Il cielo accoglie tutti loro che, dalla propria labile bolla, sono così abili nel riconoscere e nel dar forma alla bellezza delle cose, la stessa bellezza propria delle arti.
La narrazione ha inizio con una luce blu che colora la stanza oscurata, il suono originario si dipana nello spazio e nel tempo: quello di manciate di spuma di mare. Il suono del mare è una colonna sonora eterna, che evoca immagini ed esperienze lontane in ognuno. È un suono primordiale, che nasce sottile, flebile, come un sussurro che continua a riverberare nelle nostre orecchie. La musica del mare suona pianissimo.
L’acqua scorre, l’acqua è il tempo che si lascia attraversare e che si deposita, che sedimenta, che sovrappone gli strati, come i granelli di sabbia in una clessidra capovolta. La melodia dell’acqua è un flusso eterno, indimenticato, e poi centellinato. La luce cambia, diventa di un giallo aspro, quasi verde, e, sul livello sottile e cristallino del mare, cadono le prime lievi gocce di pioggia. La musica di poca pioggia suona piano. Poi il cielo nella stanza si tinge di un verde intenso, come intensa si fa la pioggia. Se chiudiamo gli occhi, riusciamo quasi a sentirne, nell’aria, l’odore inconfondibile, un odore accompagnato da un ticchettio incessante. La musica di molta pioggia suona forte. Il mare si ingrossa, come la granulosità sonora che ora si fa spessa, e il cielo diviene violaceo. Arriva il temporale e tutto suona fortissimo! C’è chi ha paura e cerca un nascondiglio e chi invece è colmo di entusiasmo e guarda gli altri divertito, incoraggiando i più timorosi a stare accanto a sé.
Poi la calma estatica. Tutto ritrova un proprio chiarore… la luce ora scalda, il cielo è arancione e ognuno sorride non appena vede sbucare il sole. Un cimbalo di fuoco enorme che, con il suo brillare e irraggiare, produce anch’esso una musica, una musica che suona pianissimo.
E così la quiete può trovare posto in quel cerchio collettivo, che prima era agitato e frenetico, poiché animato e frastagliato da mille pieghe diverse. Il bianco ora rende la stanza pura e l’aria è rinnovata. Il viaggio ha cambiato tutti e un senso di leggerezza e serenità ci pervade. Il silenzio rarefatto delle nuvole che ci circonda si fa così udibile da rendere chiaramente percepibile la presenza dei corpi degli altri, che si trovano insieme a noi sotto lo stesso cielo. Nessuno sembra aver bisogno di aggiungere nulla. Non servono parole. La narrazione ha trovato il suo epilogo.
Dopo la narrazione, ogni bambino può fare proprio un gesto e un suono unico, per contribuire alla creazione di una musica naturale, che ci avvicina, di nuovo, al cielo, ma stavolta sentendo sulla pelle quel meraviglioso crescendo.
Appena il direttore d’orchestra solleva il simbolo del proprio paesaggio sonoro, si inizia a suonare lo strumento corrispondente. Una prova di ascolto interno ed esterno, una prova di condivisione delle prassi esecutive con l’intero gruppo.
Si entra uno dopo l’altro, in punta di piedi, come se si camminasse sulla materia effimera e rarefatta della materia sonora, di una consistenza simile a quella delle nuvole.
Inizia il suono primigenio, il tempo zero: il suono del mare, prodotto dall’ocean drum, uno strumento che richiede grande cura e attenzione, che va accompagnato in ogni sua lenta oscillazione. Seguono poi gli scrosci di pioggia, creati dall’ingresso a cascata dei due musicisti con il bastone della pioggia (il primo più corto, l’altro più lungo). Poi è la volta del temporale, prodotto dal thunder tube. Chi lo impugnava non poteva più aspettare… ed ecco crearsi un solo suono, un gesto unico, ma collettivo, gravido delle risposte, delle eco di tutti, che soffiano all’unisono nella voce della “piccola” orchestra.
All’arrivo del paesaggio sonoro delle nuvole, “chiamate” dal direttore, ogni gesto trova la sua naturale interruzione, ogni movimento trova la sua fine. E il bambino con il sole tra le mani, che ha dimostrato e appreso il sapere sottile di attendere il proprio turno e di ascoltare con cura il canto degli altri musicisti, può far brillare il proprio gesto solitario nell’accoglienza creata dal silenzio corale.
Il cielo è di tutti gli occhi.
La sua musica è di tutte le orecchie
che amano ascoltarla.
Attività realizzata nel corso di un progetto di educazione mediante la musica, progettato e realizzato da Elena Mauri all’interno di un centro diurno per bambini con disabilità del territorio milanese.
Testo di Elena Mauri, educatrice e presidente di Associazione Musicale “Andante”.