Lo scienziato ha osservato, l’artista ha rappresentato: Leonardo da Vinci ha guardato il mondo con occhio attento e lo ha trasposto su carta, su tela, svelando all’umanità le leggi della natura e i moti che animano le persone. Questa figura si fa portavoce di un ritrovato rapporto con l’identità personale e con il contesto che ci accoglie, nel quale siamo immersi; Leonardo diventa quindi un pretesto per un viaggio introspettivo in grado di catapultarci nel mondo. Il corpo torna ad essere corpo fingendosi altro, immaginandosi paesaggio. L’immedesimazione conduce all’ascolto: la postura si modifica, i muscoli si tendono e si distendono, si muovono. Il profilo sinuoso si fa pianura, collina, montagna svettante, seme e pianta che cresce fino a raggiungere il cielo. La pelle si riscopre superficie, la superficie si riscopre pelle, e si presenta, si mostra con evidenza. La linea e la siluette si fanno corridoio di passaggio, momento di trasformazione e di esplorazione. La tecnica del frottage ci riavvicina all’essenza delle cose, al corpo del mondo. Per gradi oscilliamo tra interiorità ed esteriorità, in un viaggio che conduce da noi a uno spazio con il quale relazionarsi. Continua l’esplorazione, aumenta la scoperta, cresce la consapevolezza: nasce la trasformazione. Le linee del nostro corpo si posano, si sovrappongono, si confondono, determinano nuovi mondi, paesaggi differenti. Il colore restituisce una struttura a ciò che è manifesto e che si mostra diverso. Ora l’uomo si riscopre natura: dal corpo al paesaggio e viceversa: nasce l’opera, il grande formato, maestoso come i dipinti del Rinascimento. È Lo Specchio di Leonardo.
Testo di Stefano Sorgente