Durante il tirocinio di musicoterapia e durante il mio lavoro quotidiano come logopedista mi sono più volte chiesta se la musica potesse in qualche modo aiutare a sbloccare il canale comunicativo verbale. Non dico certo che possa “far parlare” ma che possa supportare in qualche modo l’uscita dei primi suoni e delle prime parole in quei bambini con autismo e bambini non-verbali in genere, o per lo meno che non utilizzano il canale verbale in modo funzionale. Mi sono chiesta come l’abbinamento di abilità e competenze logopediche a quelle musicoterapiche potessero in qualche modo camminare insieme verso la stessa direzione, come alcuni approcci musicoterapici potessero aiutarmi nelle terapie logopediche per favorire la relazione, (soprattutto in quei bambini difficilmente agganciabili), come tecniche logopediche, abbinate a determinati suoni, potessero “richiedere”, non esplicitamente, di riprodurre quei suoni e quindi in qualche modo favorire l’attivazione del linguaggio verbale.
Queste domande mi hanno permesso di svolgere il mio tirocinio e il mio lavoro nella direzione che mi portasse, almeno in parte, ad intravedere una risposta.
Non ci sono studi che evidenzino o che propongano attività musicoterapiche alle quali vengano abbinate delle tecniche logopediche per permettere, o almeno provare a permettere, uno sblocco del canale comunicativo verbale. È stato attuato uno studio, però, che presenta un nuovo intervento chiamato Auditory-Motor Mapping Training (AMMT), che mira a promuovere la produzione del parlato direttamente allenando l’associazione tra suoni e azioni articolatorie usando l’intonazione e le attività motorie bimanuali. AMMT sfrutta le forze musicali innate dei bambini con autismo e offre loro attività piacevoli. Impegna anche, e potenzialmente stimola, una rete di regioni cerebrali che possono essere disfunzionali nell’autismo. (C. Y. Wan , L. Bazen, R. Baars, A. Libenson, L. Zipse, J. Zuk, A. Norton, G. Schlaug). Prima del trattamento, i bambini non producevano parole intelligibili. Dopo la terapia, tutti i bambini hanno mostrato miglioramenti significativi nella loro capacità di articolare parole e frasi, con generalizzazione di elementi che non sono stati praticati durante le sedute di terapia. Poiché questi bambini non avevano una minima emissione vocale prima del trattamento, l’acquisizione di suoni del parlato e approssimazioni di parole attraverso AMMT rappresenta un passo fondamentale nello sviluppo del linguaggio espressivo nei bambini con autismo.
Non ci sono molte prove scientifiche, dunque, che la musica aiuti a far emergere una consapevolezza del canale verbale e un possibile sblocco ma, date le osservazioni, i dati qualitativi raccolti negli anni e il continuo utilizzo di questo mezzo o “linguaggio alternativo” anche in ambito lavorativo/logopedico, posso quanto meno sostenere tale ipotesi e pensare che una stimolazione linguistica presentata attraverso la musica riesca perlomeno a sollecitare e stimolare i bambini non-verbali, che possono dal punto di vista motorio articolare i fonemi, a sperimentare i suoni del linguaggio.
I numerosi studi effettuati sulla correlazione tra musica e linguaggio dimostrano che le aree degli emisferi che si attivano dopo una stimolazione linguistica e dopo una musicale, sono le medesime o quelle subito adiacenti. Altri studi mostrano come la musica aiuti nella memorizzazione di parole e/o frasi in maniera più decisiva rispetto al solo linguaggio verbale; probabilmente l’apprendimento del linguaggio avviene in maniera più semplice e spontanea attraverso la musica, che spesso non richiede prestazione, ma regala momenti piacevoli e di condivisione. La musica ha, infatti, molte caratteristiche comuni al linguaggio: ha un ritmo, un alternarsi di pause, scansioni ritmiche e silenzi; ha suoni di altezze e durate diverse che riprendono un po’ la prosodia del linguaggio (la parte della linguistica che studia l’intonazione, il ritmo, la durata e l’accento della comunicazione parlata); Deve avere un emittente e un destinatario del messaggio da comunicare, quindi ci deve essere chi “parla” e chi “ascolta”, proprio come nel linguaggio verbale. Si può dire, quindi, che la musica è proprio un linguaggio che ha i suoi codici: ha le sue parti minime, che sarebbero le note (che sono un po’ come le sillabe), le quali, suonate insieme formano un accordo (che è come la parola), e in successione un intero brano armonico (il quale è un po’ come un discorso).
La musica può dare una “voce” a chi difficilmente sa usarla in modo “convenzionale”, e può “parlare” perché aiuta i bambini a sperimentarsi nell’utilizzo del canale verbale, anche se solo nella sua fase iniziale. Oltre alla mia esperienza di tirocinio in qualità di studentessa in musicoterapia, infatti, utilizzo frequentemente la musica anche a lavoro in qualità di logopedista con competenze musicoterapiche. Ho spesso notato, che proprio quei bambini considerati “non-verbali”, o comunque non ancora avviati ad utilizzare il canale verbale, si sono sperimentati con l’utilizzo di suoni onomatopeici associati ai suoni degli strumenti e da questo hanno poi iniziato ad emettere le prime sillabe e di conseguenza, con un lavoro più specificamente logopedico, le prime parole/frasi. Spesso utilizzo la musica anche per entrare in relazione con bambini con i quali l’approccio risulta difficoltoso e nei quali l’attenzione condivisa è labile. Non sempre il canale verbale può essere utilizzato come primo approccio funzionale; invece grazie alle potenzialità terapeutiche e comunicative della musica si possono ottenere risultati efficaci e positivi. I bambini si mostrano incuriositi, attenti e propensi ad instaurare una relazione con l’adulto di riferimento.
Forse la musica è in grado di fornire un canale attraverso il quale potersi esprimere, un mezzo con il quale entrare in relazione con le persone, un supporto alla comunicazione verbale e un potenziamento ad abilità già presenti o non ancora apprese.
L’esperienza mi ha portata alla convinzione che l’interazione tra le competenze musicoterapiche e quelle logopediche possa maggiormente aiutare me e i bambini nella relazione e nel sostenere competenze comunicative e linguistiche più specifiche; musica e logopedia quindi non sono due formazioni a sé stanti, ma complementari l’una dell’altra. Se così non fosse, le ricerche non continuerebbero a studiare le similitudini tra musica e linguaggio, e non insisterebbero nel cercare una relazione tra le stesse e i miglioramenti linguistici che raggiungono le persone quando vengono esposte alla musica o al suono.
Testo di Erica Elia, logopedista e musicoterapeuta