La cura (non esasperata né ossessiva) del proprio look, dei propri beni e degli spazi nei quali si risiede è sintomo di benessere psicofisico. Star bene con se stessi, infatti, porta l’uomo ad uno slancio di azioni volte ad abbellire, custodire e valorizzare il proprio corpo e i luoghi in cui abita. Per questo motivo la dedizione e l’attenzione dedicate a un lavoro manuale o artigianale, ad uno scritto, a un componimento musicale o di arte visiva, possono rivelarsi d’aiuto per alimentare autostima e cura personale.
Prendiamo in esame tanto il processo grafo-pittorico quanto la scrittura di un brano. Studiando la storia dell’arte e i meccanismi di percezione visiva si è arrivati a delineare regole che rendono l’immagine e la composizione equilibrati ed efficaci. Analogamente lo stesso è avvenuto in poesia e nella prosa, nella musica e nella canzone fino al prodotto discografico. Conoscere tali norme consente un intervento professionale più ottimale. Se però ribaltiamo la prospettiva, da studiosi e osservatori possiamo notare che gli autori, con l’adozione di tali principi, hanno ricercato attentamente una cura del proprio lavoro e del rispettivo prodotto o risultato. Il processo artistico infatti è in grado di catapultare piacevolmente l’artista in una sorta di trance, in una concentrazione estrema che si manifesta nella proporzione e nell’armonia delle forme (o, volutamente, nel risultato opposto), nella cura delle linee, dei colori, della materia e dei materiali, del tratto, del tipo di pennellata, e di moltissimi altri elementi. Certe opere richiedono ed hanno richiesto tempi salomonici per divenire eccellenza; certi testi letterari hanno necessitato di lustri di studio e di numerose riscritture prima di venire pubblicate; certe canzoni vengono smontate e rimontate ripetutamente prima di potersi ritenere soddisfatti del risultato finale: alcune produzioni, nonostante la fretta che impongono le logiche del mercato, richiedono anni di tentativi nella ricerca dei suoni ottimali.
Concentrandoci sul processo, sulla creazione e la nascita dell’opera, quali che siano i fattori che spingono gli artisti a produrre, i primi istanti sono le basi per una fascinazione continua, per una magia ripetuta che si verifica in maniera evidente con il graduale susseguirsi di attenti interventi. Le prime linee sono lo scheletro su cui si erge il lavoro. Poi, dopo i pilastri, man mano si struttura il resto, passo dopo passo, strato dopo strato. Nel disegno e nella grafica d’arte, la cura passa dalla precisione delle righe ma anche dall’espressività dei tratti, dai rapporti tra luci e ombre; nella pittura ad olio essa è tutto ciò ma anche sfumatura: colori che si incontrano, si ibridano e si fondono con una morbidezza tale da lasciarsi plasmare, spalmare e accarezzare secondo la volontà dell’artista. La cura dei dettagli è fondamentale. Questi elementi, questi equilibri, si ripetono e si modificano più e più volte, per tutto il tempo necessario alla nascita dell’opera, poco o tanto che sia. È un tempo che si distende e si protrae dolcemente, cullando ogni autore. È il tempo dell’azione e dell’attenzione.
La medesima cura anima lo scrittore e il compositore, esperti marinai disposti ad imbarcarsi e a tracciare la rotta a seconda della direzione del vento e delle correnti. Essi non si oppongono né si lasciano trascinare bensì definiscono la strada immergendosi nel flusso. È incredibile come quello stream of consciousness proprio dello stile di James Joyce possa essere un processo prima ancora che una scelta compositiva: chi si immerge nella scrittura infatti, può osservare con piacere lo scorrere spontaneo di pensieri e parole che prendono forma con estrema fluidità una volta imbarcatisi con passione. Tuttavia, prosa, poesia, musica, canzone, necessitano anche di un attracco a porti sicuri per poter far rifornimento ed imbarcare ricchezza e novità. Le attenzioni di cui sopra, le pennellate del pittore, qui, come architetti del suono, strutturano versi organizzati e per questo scorrevoli e percorribili. Certe parole scendono a terra per lasciare che altre ne prendano il posto a bordo. È un continuo ricambio, uno scambio che ha il fine della ricerca della forma ideale. Tutto è studiato e articolato, ancora una volta come uno scheletro saldo, come un edificio solido o un puzzle completo, pronto a vestirsi (nel caso della canzone) di abiti ricamati con altrettanta cura e maestria, dove questi ultimi rimarcano le forme sottostanti e ne esaltano i contenuti.
Per certi artisti questo flusso e questa trance creativa si manifestano fulminei; per altri, come è stato detto, determina lunghi periodi di lavoro. La costante di ogni situazione è la ricerca del risultato migliore che passa inevitabilmente dalla cura del processo e del prodotto a cui si aspira. Ciò che rimane per chiunque, addetti del settore o artisti per passione, sta nel fatto che l’opera richiede impegno, attenzioni e interventi che possono insegnare a prenderci cura di noi stessi e degli altri.
Testo di Stefano Sorgente