Esiste un mondo sconosciuto e lontano così imperscrutabile e segreto da essere spesso ignorato dalle persone comuni: è un mondo complesso ed intricato quanto quello reale. I suoi abitanti sono pensieri, suoni, forme e colori che non smettono un attimo di vorticare, di viaggiare sulle strade intricate della psiche. È il mondo dentro la mente di un bimbo autistico.
L’autismo, o per meglio dire, la Sindrome dello Spettro Autistico, è ormai estremamente nota, ma allo stesso tempo presenta ancora molti lati sconosciuti. Numerose sono le teorie che cercano di indagare le ragioni che portano allo sviluppo di questa misteriosa condizione, ma le sue cause sono ancora molto vaghe.
Molto difficile è anche descrivere il comportamento e le problematiche di un bambino affetto da disturbo dello spettro autistico in quanto questo può assumere sfaccettature estremamente diversificate e con disfunzioni più o meno accentuate. In questo articolo ci riferiamo, in particolare, alle situazioni di maggiore gravità. In questi casi, si può descrivere il bimbo autistico come un bambino con compromesse capacità di instaurare relazioni sociali, deficit piuttosto profonde nello sviluppo e nell’utilizzo del linguaggio e forti difficoltà cognitive. Ad esempio, si può osservare un bambino autistico mettere in atto sempre gli stessi schemi di gioco oppure fissarsi sul dettaglio di un oggetto per moltissimo tempo. L’elemento che rende l’autismo una condizione particolarmente difficile da affrontare è la ridotta, o la mancante presenza di ricettività al mondo sociale. Un bimbo autistico è, appunto, costantemente immerso nel suo mondo, e spesso è insensibile ai segnali e alle stimolazioni, anche affettive, che giungono a lui per esempio dalla mamma e dal papà, dai compagni di classe e in generale dall’ambiente in cui vive.
Entrare a contatto con una persona affetta da autismo significa, necessariamente, interrogarsi su cosa ci sia dietro a quei vocalizzi sconnessi o quella parete invisibile che sono i suoi occhi sfuggenti. Forse, esattamente come per un luogo segreto e custodito con cura, è sufficiente trovare la parola d’ordine, la chiave o la combinazione per aprire un varco in quel muro impalpabile. Può essere la musica una strada percorribile in tal senso? Sembrerebbe di sì.
In un altro articolo, abbiamo visto come i bambini siano esperti analizzatori delle emozioni contenute in un brano musicale; si è osservato come la capacità di attribuire un significato emotivo ad un brano musicale non solo si preservi in bambini con sindrome dello spettro autistico, ma sembri addirittura più efficace.
Questi bambini, pur avendo una forte difficoltà nel decifrare i segnali sociali ed emotivi provenienti dal mondo, quali per esempio le espressioni del volto, sono invece sorprendentemente abili nell’attribuire una connotazione emotiva ai brani musicali, in modo coerente, ad esempio, con il modo della scala in cui sono suonati.
Nonostante le difficoltà che un bambino autistico incontra, sembra che, nella maggioranza dei casi, le capacità di riconoscere i suoni e le differenze tra essi, permangono intatte. Inoltre, dal punto di vista terapeutico, si è osservato come bambini autistici, all’interno di una seduta di musicoterapia, migliorino progressivamente le loro capacità comunicative di tipo non verbale.
Tutti questi dati, derivati da studi scientifici, fanno emergere una domanda. Ma perché la musica sembra essere una strategia adeguata per entrare in contatto con l’autismo. Proveremo ora a rispondere a questa domanda per nulla semplice.
In primo luogo la musica è una forma comunicativa e per questo è atta a favorire la relazione, sia essa di tipo terapeutico con una persona autistica sia che non si tratti di questa particolare situazione. Chi utilizza la musica, sia egli un compositore, un cantautore, un musicoterapeuta, lo fa per comunicare, per condividere sensazioni, emozioni e significati con un ascoltatore. Ma ciò non basta: cosa rende il messaggio musicale diverso da un altro tipo di messaggio, come quello verbale? La parola chiave può essere l’immediatezza del “linguaggio” musicale. Gli esperti chiamano la musica una forma di comunicazione analogica. Cosa si vuole intendere con questa affermazione? Proviamo ad aiutarci con un esempio. Poniamo il caso che un giorno riceva un messaggio su Whatsapp da un amico che afferma: «Oggi sono proprio arrabbiato». Prendendo la frase così com’è scritta essa richiama una serie di espressioni e di comportamenti che però riesco ad evocare solo nel momento in cui sono riuscito ad interpretare il suo significato. La musica salta questi passaggi, ha a disposizione altri strumenti per comunicare la stessa cosa. Il ritmo, l’intensità, l’armonia sono per esempio elementi che siamo in grado di comprendere in modo innato, senza bisogno di interpretazioni. Così, se si chiede ad un bambino di dire “con la musica” “oggi sono proprio arrabbiato!” farà un suono forte, scegliendo uno strumento dal timbro importante, come un timpano; oppure, se ha a disposizione uno strumento melodico, come un pianoforte, potrà scegliere di suonare con una forte intensità i suoi tasti più gravi. In poche parole, la musica non va interpretata o compresa, va vissuta! Vivrò il timbro di un tamburo, la sua intensità, i silenzi e le attese che intercorrono tra un suono e l’altro. Sono tutti questi gli elementi con i quali entra in contatto un bambino autistico che fa o che ascolta musica. I suoni lo sommergono, lo avvolgono, lo incontrano e gli permettono di entrare in contatto con le emozioni e con la presenza reale dell’altro che suona con me, o che ascolta con me. Questo non vuol certo dire che i bambini autistici non comprendano il linguaggio o siano completamente insensibili alla parola. La parola è lo strumento primario che abbiamo per entrare in comunicazione con l’altro: oltre a veicolare un significato che è spesso comprensibile, veicola un’energia, un’intenzionalità comunicativa, una sua musicalità, tutti elementi che permettono al bambino di comprendere che oltre a lui e al suo mondo ne esiste anche un Altro, pronto ad accoglierlo e ad incontrarlo.
Testo di Mattia Tagliani