Segue da RI-SCARTO, i segreti della carta.
Grazie all’attenta analisi dell’articolo precedente, abbiamo potuto assumere un nuovo sguardo che si rivolge alla carta usufruendo delle rispettive proprietà in maniera del tutto inusuale. Essa si mostra come processo ciclico e, in quanto tale, come metafora di vita: quella accogliente pelle sottile e leggera si lascia alterare drasticamente, senza però svalutarsi o ridimensionare la propria portata di mezzo espressivo. Il riscatto di questo materiale passa attraverso il ri-scarto e si fa figurativamente modello di resilienza personale. Vi è un mutamento, una fragilità che necessita di una compattezza ricercata e ritrovata, di un ritorno alle origini, di una rinascita: la carta strappata e frullata si fa nuovamente polpa, riscopre la propria infanzia di cellulosa per farsi mezzo artistico e di crescita. Già di per sé, in questo ciclo, la trasformazione di forma e materia anticipa una peculiarità e un carattere espressivo e terapeutico della carta che ne fa strumento al servizio della scoperta e del benessere umano e, pertanto, un dispositivo efficace persino di fronte alla fragilità dell’individuo e alla disabilità. L’Associazione Croma, nell’arco delle proprie esperienze sul campo ha saputo accorgersi di questo potenziale cartaceo e ha deciso di investirlo proprio nella cura della persona. È così che nascono la tecnica e l’ambito di lavoro che noi riassumiamo e identifichiamo con il termine “RISCArTTO”, un neologismo che vuole condensare e fondere la caducità dello scarto con l’energia del riscatto. Il progetto di vita e di rinascita artistica della carta può ergersi a metafora della rivalsa e della riconosciuta dignità di una persona, a maggior ragione se piccola, fragile, anziana o portatrice di handicap, in difficoltà nel condurre la propria esistenza e molto spesso guardata come un peso.
Ora, tralasciamo momentaneamente il parallelo tra la condizione della carta stracciata e rigenerata e la persona disabile o in difficoltà per osservare il fenomeno e la materia. Nell’accartocciare un foglio, una pagina, viene attuato un deciso atto di distruzione, una eliminazione drastica, più concreta della cancellazione, che già di per sé svaluta, nega e annulla. Perciò come può un tale passaggio del processo di ri-scarto rivelarsi terapeutico o quantomeno costruttivo? Analizziamo la scena con la pienezza dei nostri sensi: innanzitutto cosa possiamo udire? La carta stropicciata e strappata emette un suono secco e leggero ma deciso. Di per sé niente di nuovo, tuttavia è possibile usufruire di quel rumore e trasformare un atto distruttivo in un qualcosa di valore: diamo una sequenzialità a quell’atto, una cadenza regolare a quello strappo e trasformiamo le azioni in musica, la rottura in ritmo, le persone in musicisti. Forniamo differenti tipologie di carta ai nostri suonatori e lasciamo che le caratteristiche fisiche di ciascun foglio producano timbri diversi; arricchiamo la nostra attività e formiamo un’orchestra (è il caso dei percorsi Come nascono le nuvole ed Elementare). Questo ribaltamento di prospettiva di un tale gesto consente di tornare in contatto con la materia, di riscoprirne le peculiarità facendone esperienza estetica. Questo stratagemma, se studiato e attuato con cura, permette di armonizzare la distruzione, affrontare ed esorcizzare la rottura, il contrasto, la divisione, l’assenza e la mancanza percepiti in seguito a un addio, agendo anche in maniera terapeutica sul vissuto e sulle ferite personali. Dopodiché, lo scarto può farsi opera, rimarginando, restituendo bellezza e valore mediante molteplici soluzioni ed azioni differenti: il frammento di carta, esattamente come avviene con i cocci in frantumi, può farsi tessera di un mosaico e andare a ricostruire il senso perduto o fornire una nuova immagine, una novità positiva (Io, l’altro, tutti). La carta straccia però, come anticipato nel precedente articolo, può lasciarsi distruggere ed impastare nuovamente, accettando che mani sapienti se ne prendano cura per donarle una nuova forma e un potenziale totalmente rinnovato. Ora la carta può tornare ad essere foglio e supporto dalle proprietà fisiche differenti o, diversamente, può farsi fluido pittorico o materiale scultoreo: la polpa può essere appallottolata, schiacciata, stesa e modellata, farsi scritta, segno, disegno, immagine di chi precedentemente ha accolto e assorbito immagini. La polpa è informe. Per questo motivo essa lascia spazio all’immaginazione, dona libertà d’azione, veicola creazione: come una nuvola può depositarsi per prendere il volo e assumere la forma di quello che siamo disposti a vederci. Una volta strizzata e compattata, questa carta riscattata diventa uno strumento artistico alla portata di tutti (Come nascono le nuvole).
La polpa di carta è modellabile, non orientata ad un solo utilizzo bensì aperta a più soluzioni differenti; essa è accondiscendente e comoda indipendentemente dal livello di manualità e dalle capacità motorie e di prensione che si posseggono. Sono queste le motivazioni che consentono di avvicinare questa tecnica e questo processo ai contesti di disabilità e di cura della persona: la carta riscattata si fa strumento artistico ed esperienziale, tattile, modellabile, economico, accessibile a tutti, utilizzabile da chiunque e, soprattutto, in grado di restituire senso e bellezza a ciò che sembrava avere perso il proprio smalto. Sicuramente una metafora evidente della condizione di chi vive la sofferenza, di un rispettivo possibile riscatto e di una desiderabile rivalutazione e valorizzazione della persona, ma ancor prima, un materiale e una tecnica propedeutici per fare grandi cose con semplicità. Una pratica sostenibile per l’ambiente che restituisce vita e vigore ad ogni cosa: alla carta scartata, alla persona svalutata, alla materia riciclata.
Testo di Stefano Sorgente
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